IRIA VS EXPO Milano 2015
Avendo pianificato un lungo viaggio in Giappone che includeva il mese di ottobre abbiamo deciso di fiondarci all’EXPO per vederlo prima che chiudesse. L’idea iniziale era stata quella di fare il season pass e vederlo con calma lungo i mesi in cui è stato aperto, ma si sa, a volte cause di forza maggiore ci costringono a cambiare i nostri piani, come anche la partenza per il Giappone, ma questa è un’altra storia.
Sulla carta EXPO è il nostro paradiso: una enorme esposizione in cui è radunato il cibo di tutto il mondo. Papille gustative pronte e andiamo alla scoperta, evviva!
Nella pratica, invece, si è rivelata un’esperienza complicata.
Il parcheggio
Partendo in auto da Varese ci siamo diretti al fido parcheggio di Lampugnano contando di raggiungere la fiera tramite metro, ma ovviamente il parcheggio era strapieno. Dopo un attimo di sconcerto abbiamo ritentato dirigendoci al parcheggio ufficiale EXPO a “Rho Fieramilano”, minuscolo e strapieno.
Presi dallo sconforto ci siamo diretti verso il parcheggio di Roserio, attraversando l’ignota e inospitale zona di Baranzate. Il parcheggio a Roserio era completamente vuoto, ma dedicato ai soli autobus e taxi. Dopo una vivace sequela di improperi abbiamo fortunatamente incontrato un vigile gentile, che ci ha indirizzati verso un parcheggio dall’aria poco ufficiale non troppo distante dal ponte che arriva all’ingresso di Roserio, sotto un inquietante autosilo in costruzione.
Percorso il ponte ed attraversato il grande parcheggio deserto, dopo quindi circa un chilometro di saliscendi, siamo finalmente giunti ai gate d’ingresso.
Il primo approccio
Arrivati davanti ai gate sono stati subito evidenti i primi segni di disorganizzazione (se vogliamo ignorare la disposizione, segnalazione e gestione generale dei parcheggi), su circa 20 gate disponibili solo 2 erano aperti, costringendoci a fare la prima delle tante code evitabili dell’esposizione.
Il gate somiglia in tutto e per tutto al controllo di polizia di un aeroporto, con tanto di metal detector, scanner per le borse e, grazie agli dei, lo scan del biglietto tramite QR code anche da cellulare (l’app ufficiale per Android è un piacere da vedere e da usare).
Tra i padiglioni
Appena entrati siamo stati attirati dal piccolo padiglione del Sultanato dell’Oman, una costruzione in finta roccia che sarebbe stata benissimo di fianco alla Valle dei Re a Gardaland. Acchiappato un panino con pastrami e salsa cren abbiamo fatto un breve giro prima di realizzare che desideravamo da morire il passaportino da far timbrare nei padiglioni visitati, venduto solo dall’altra parte della fiera.
L’unico modo per muoversi all’interno dell’EXPO, che non siano i tuoi piedi, è un autobus chiamato “People Mover” che gira intorno a tutta l’area con una cadenza di circa 5-7minuti. L’autobus va a velocità smodata passando anche in zone palesemente di servizio, in realtà poco carine da mostrare ai visitatori, però è veloce e, se non si fa caso ai dipendenti di EXPO che prendono l’autobus per farsi un pisolino, è tutto sommato pratico se si devono fare grandi spostamenti all’interno dell’area.
Raggiunto l’inizio del Decumano (il grande stradone coperto che attraversa tutto l’EXPO) ci appropriamo del passaportino per l’accettabile cifra di 5€.
Let the games begin.
I padiglioni più grandi si sono rivelati fin da subito inaccessbili per via delle lunghissime code. Riusciremo a visitare solo la Cina verso sera con un grandissimo colpo di culo, visto che inspiegabilmente la fila è scomparsa per pochissimi minuti e si è ricreata dietro di noi. Decidiamo quindi di fare un giro tra i padiglioni dei paesi più sfigati, scoprendo, tra un timbro e l’altro, un sacco di posti fighissimi tra cui le isole Vanuatu, grazie alla donna sorridente e bellissima al mini-padiglione dedicato.
Gran parte dei padiglioni è architettonicamente spettacolare, un piacere per gli occhi e per il naso. Solo all’ora di pranzo e cena però, perché in gran parte dei chioschi e ristoranti non viene venduto niente se non agli orari canonici dei pasti. Deludente, visto che si tratta di un’esposizione dove il cibo è il protagonista.
I pochi aperti, come quello delle patatine fritte fuori dal padiglione del Belgio, vengono presi d’assalto dalla folla affamata, formando l’ennesima coda evitabile che ti fa passare la voglia (di vivere).
Dopo qualche ora la stanchezza si fa sentire, soprattutto quando hai dormito meno di 4 ore causa sveglia incompatibile con i tuoi soliti orari.
Non mancano le aree per riposarsi, i bar e i bagni, ma l’esposizione è davvero enorme e se non la si prende con calma, consapevoli che non si riuscirà a vedere nemmeno un quarto di quello che ci si era prefissati, si finirà col collassare su qualche cuscinone o seduta diversamente comoda dalla forma bizzarra.
La pappa
La pappa all’EXPO è robba seria, e nonostante gran parte dei ristoranti fosse chiuso per la maggior parte del pomeriggio sono riuscita ad assaggiare varie pietanze qui e là:
- Panino con pastrami e salsa cren al padiglione del Sultanato dell’Oman
- Trdelník, un dolce cilindrico della Repubblica Ceca
- Uno degli hamburger più buoni che abbia mai mangiato da Eataly
- Succo di lime fresco (con menta e zucchero) al padiglione del Vietnam
- Succo di frutto di baobab al padiglione del Gambia
- Baozi vari cinesi
- Una bevanda fantastica chiamata Modar al padiglione Afghanistan
- Un dolce speziato africano di non ricordo quale nazione.
- Shoyu Ramen per chiudere in bellezza, davanti al padiglione cinese.
Servizi e disservizi
EXPO rimane un’idea fantastica e affascinante ma con delle problematiche gigantesche dal mio punto di vista.
Innanzitutto l’area è talmente estesa che è impossibile visitarla in un giorno solo, abbiamo probabilmente visto 1/10 di quello che c’era da vedere nonostante il mio MiBand segnasse 13km percorsi a piedi quel giorno. Non è un lato negativo, più c’è meglio è.
Muoversi all’interno dell’EXPO però è in realtà un incubo. Il People Mover gira intorno ai padiglioni ma è esterno all’area, non è un mezzo che si usa costantemente durante la visita, che si svolge principalmente lungo il Decumano. Non sono una gran camminatrice per natura ma sono arrivata a fine serata coi piedi distrutti, soprattutto considerando che il parcheggio più vicino che siamo riusciti a trovare distava un chilometro a piedi dall’uscita.
Una soluzione che avrei apprezzato sarebbe stata far noleggiare ai visitatori dei piccoli mezzi di trasporto, come semplici biciclette o stupidissimi monopattini da usare su una pista apposita. Oppure, per evitare incidenti e responsabilità, far muovere due tram in stile San Francisco al centro del decumano con fermate ogni tot metri, così da fare un mezzo che sia utile ma che abbia anche una funzione turistica.
Un disservizio ridicolo riguarda la ricarica dei cellulari. Sul sito e su vari documenti ufficiali viene annunciato con entusiasmo il servizio che permette ai visitatori di ricaricare il proprio cellulare: in pratica nei bar sparsi lungo il Decumano sono presenti delle colonnine con 4 cassettini chiusi a chiave, ogni cassettino contiene un cavo per iPhone e un micro USB. Peccato che le chiavi per questi cassettini vengano giornalmente rubate dai visitatori incivili, quindi è impossibile utilizzare il servizio se non approfittando dei cassettini “scassinati” per pochissimi minuti (di certo non in fast-charge) a turno con altre persone disperate col cellulare morto che magari non riescono a ricongiungersi col resto del proprio gruppo e ingenuamente, come noi, contavano su un servizio che veniva dato per garantito.
Inoltre: davvero dei cassettini trasparenti chiusi a chiave in cui abbandonare il proprio cellulare vi sembra l’idea migliore per ricaricarlo?
Pochi giorni prima della visita ad EXPO sono uscita con degli amici in zona Moscova a Milano, lungo il marciapiede abbiamo trovato una grande panchina circolare con tanti cavi USB estraibili, così, sedendosi, chiunque aveva la possibilità di ricaricare quello che voleva per tutto il tempo che voleva. Cosa ci voleva a riempire l’area dell’EXPO con panchine simili?
TIM era presente con i suoi stand, perché non affidare a loro il noleggio di batterie esterne da riconsegnare a fine giornata?
Il disservizio peggiore di tutti, se così si può chiamare, è la gestione delle code.
Probabilmente non si aspettavano un afflusso così grande di persone, ma alla prima coda da più di un’ora avrebbero dovuto studiare un metodo più civile per gestire le visite dei grandi padiglioni. L’app dell’EXPO è fatta molto bene e per attivare il mio biglietto ho dovuto registrarmi obbligatoriamente, avrebbero potuto far prenotare le visite tramite scan di QRcode al padiglione, assegnandoti il primo orario disponibile o facendotelo scegliere tra quelli liberi, con notifiche push direttamente sul telefono come reminder invece di obbligare la gente a stare in piedi in coda come manichini per ore. Siamo nel 2015 cazzo.
L’albero della vita
L’albero della vita mi ha fatto dimenticare tutta la frustrazione per la scarsa organizzazione e, per tutta la sua durata, anche l’intenso dolore ai piedi.
Il video di seguito è stato realizzato dai creatori dell’albero ma non ha niente a che vedere con la visione dal vivo. La musica è bellissima, ho avuto la pelle d’oca tutto il tempo e a tratti l’ho trovato commovente. Non esagero.
Vale la pena visitare EXPO col biglietto serale anche solo per assistere a questo show.
Insomma
Non posso dire che l’EXPO sia un’occasione mancata, ma sicuramente si poteva organizzare meglio. Il visitatore non deve sentirsi frustrato.
La realtà è che vorrei tornare e visitare altri padiglioni armata del mio passaportino finto, ma i problemi che ho elencato rimangono e rendono la visita un tour de force; inoltre se prendessi un altro biglietto sono sicura che i miei piedi mi abbandonerebbero nella notte per andare a suicidarsi.
Ripiegherò su una partita a Rollercoaster Tycoon per progettare un parco coi controcazzi e dissipare la mia frustrazione facendo felici i miei piccoli visitatori pixellosi.